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Plastica biodegradabile: che cos’è e quali vantaggi porta con sé

11 Giu 2024Mondo della plastica

Plastica biodegradabile: che cos’è e quali vantaggi porta con sé

La plastica biodegradabile è un tipo di materiale plastico progettato per degradarsi come rifiuto organico, spesso attraverso l’azione di microrganismi come batteri, funghi o alghe. Questo processo di degradazione avviene in tempi più brevi rispetto alla plastica tradizionale, che persiste invece nell’ambiente per centinaia di anni.

Tuttavia, è importante notare che il termine “biodegradabile” non è sempre univoco e può variare a seconda delle condizioni ambientali. Ad esempio, un tipo di bioplastica potrebbe richiedere condizioni specifiche di temperatura, umidità o presenza di microrganismi per degradarsi efficacemente.

Ad oggi, la plastica biodegradabile è una delle sfide a cui siamo chiamati per ridurre l’impatto ambientale dei rifiuti plastici. Anche noi di Utilplastic siamo impegnati in questa ricerca che, ad oggi, ha dato come frutto la produzione di alcuni casalinghi biodegradabili, in particolare la nostra spazzola in bioplastica.

Quali sono le plastiche biodegradabili?

Le plastiche biodegradabili possono essere realizzate utilizzando una varietà di fonti di materie prime biologiche e materiali organici. Queste fonti possono essere trasformate in polimeri che mantengono molte delle proprietà delle plastiche tradizionali, ma sono più facilmente decomponibili

A oggi le principali bioplastiche provenienti da fonti rinnovabili disponibili sul mercato sono:

  1. Mater-Bi: una plastica biodegradabile composta soprattutto da amido di mais e polimeri sintetici: la prima a essere stata realizzata e immessa sul mercato. Il Mater-bi è utilizzato in una vasta gamma di applicazioni, tra cui sacchetti per la spesa, film plastici e prodotti monouso.
  1. PLA (acido polilattico): una delle bioplastiche più diffuse, prodotta principalmente utilizzando amido di mais o altre fonti di carboidrati. Il PLA è comunemente utilizzato per prodotti come stoviglie monouso, sacchetti da spesa, e imballaggi.
  1. PHA (poliidrossialcanoati): polimeri naturali ottenuti da batteri attraverso la fermentazione di zuccheri o oli vegetali. La bioplastica che ne deriva è biodegradabile in ambienti compostabili e viene impiegata in una varietà di applicazioni, inclusi imballaggi, prodotti medici, bicchieri e tazze.

La biodegradabilità delle plastiche dipende tuttavia dalla struttura chimica dei polimeri, e non necessariamente dal materiale di partenza. Esistono infatti alcune plastiche biodegradabili che non provengono da fonti rinnovabili, bensì da fonti fossili, ma possono comunque essere destinate al compostaggio come un rifiuto organico.

Il consorzio per la bioplastica

L’impegno verso un maggiore utilizzo della plastica biodegradabile e del suo compostaggio porta con sé numerosi vantaggi, tra cui:

  • promuovere un’economia circolare, dove il rifiuto diventa nuova materia prima
  • ridurre l’impatto della plastica sull’ambiente, a livello di produzione e smaltimento
  • produrre compost, per nutrire il suolo migliorandone caratteristiche fisiche e chimiche

In Italia il riciclo dei materiali, e quindi anche della plastica, è legato al sistema dei consorzi di filiera gestiti dal CONAI. Tra questi, Biorepack è il consorzio per gestire il fine vita degli imballaggi in bioplastica. 

Il suo ruolo è proprio quello di incentivare il riciclo nel comparto organico di sacchetti, contenitori e tutto ciò che è definito imballaggio in plastica biodegradabile certificata come compostabile. Tra i suoi obiettivi, vi è il raggiungimento del 55% di riciclo di imballaggi in bioplastica immessi sul mercato entro fine 2030.

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